Fratello Sole Sorella Luna
- info909442
- 29 gen 2022
- Tempo di lettura: 4 min

Giusto 50 anni fa Franco Zeffirelli, reduce da vari successi cinematografici, girò questo film con la collaborazione alla sceneggiatura di Lina Wertmuller e di Suso Cecchi D'amico (ci misi venti anni per capire che è donna, ma è un mio limite coi nomi, lo ammetto).
Chiaramente ispirato dai fioretti francescani più che dalle Fonti ( e meglio così perché le fonti peccano di revisionismo e di una scrittura molto più tarda rispetto alla esistenza del Poverello di Assisi) il film di Zeffirelli si dipana in modo incantevole per circa due ore, qualcosa di più o di meno.
La trama è semplice: atti, fatti e detti di Francesco di Pietro di Bernardone, da Assisi, dalla vita come giovane ricco all'esistenza come Povero per eccellenza, con attorno tutta una pletora di personaggi più o meno importanti.
L'ho rivisto ieri sera dopo oltre, credo, quaranta anni che non lo vedevo e ricordavo le battute a memoria, davvero, questa cosa mi ha intenerita e spaventata, perché questo film nel mio immaginario personale e privato è Francesco, in un qualche modo puro e radicato. Su Francesco come figura storica non c'è niente da dire, realmente esistito, il suo corpo è sepolto sotto una monumentale basilica che, seppur bella architettonicamente, dà lustro alla città e all'Ordine Francescano ma, spesso, mi sono chiesta se Francesco avrebbe davvero desiderato una tale celebrazione di sé. In teoria Pietro, il primo Papa, è stato sepolto sul colle Vaticano sotto un po' di terra. Lasciamo perdere la basilica che c'è sopra, enorme (e meraviglioso) contenitore di opere d'arte di impareggiabile bellezza che, al solito, più che tempio è un richiamo ad altro. A quell'altro che Francesco, in vita, ha sempre voluto lontano da sé, lusso e sfarzo.
Il film di Zeffirelli, e qui rientriamo nelle opinioni personali, è un enorme canto un po' hippy, un po' sensuale, un po' carnale, un po' debitore di un certo cinema (penso a Sergio Leone e alla sua scelta di volti brutti ma espressivi) ma soprattutto un inno animista che tale non voleva essere, probabilmente. In questo film Francesco è un uomo che ama visceralmente ogni cosa perché creata da Dio, siano persone, animali, cose, pietre, persino (bellissima la scena in cui Bernardo di Quintavalle cerca di capire che cosa sia successo all'ex compagno d'arme e di bevute e Francesco lancia sguardi innamorati alle pietre, chiamandole Sorelle Pietre, riconoscendo, di fatto, a quei blocchi inanimati uno spirito che è fulcro e parte del miglior animismo) e che cerca in tutti i modi di sovvertire un ordine che nessuno gli avrebbe permesso di rivoluzionare. Perché per il vivere civile delle regole ci vogliono, perché suo padre non è né matto né cattivo, semplicemente è un uomo che non sa e non può guardare la vita dalla prospettiva del figlio, che cita testualmente e cerca di vivere, interi brani evangelici sulla spoliazione. Pietro di Bernardone è un uomo dedito al commercio e alla mercatura e come tutti noi ha una sua prospettiva della vita e di come la si dovrebbe vivere e non per questo è "il cattivo". Semplicemente lui non può capire la spoliazione totale di Francesco che, al pari di Alessandro Magno, diventa un idealista che vorrebbe indicare una Via superiore, ma in quanti sono disposti ad abbracciarla e a vivere così, come gli uccelli del cielo e i pesci del mare? Francesco ancora vivente dovette vedere che i suoi frati si riparavano in conventi fatti di mura e che la regola così dura imposta (e voluta) da Francesco stesso fu ovviamente mutata in favore di una quasi secolarizzazione di quella semplicità di vita che Francesco avrebbe voluto. Un tratto del film che ho sempre amato è che ad un certo punto Francesco stesso dice chiaramente che non tutti sono chiamati, lui dice da Dio, a fare i frati o il mondo si spopolerebbe e questo è importante, all'interno di una visione chiesastica in cui solo frati e monache erano degni di rispetto (e quindi dell'onore degli altari) qui Francesco abbraccia una via nuova che è quella dei cosiddetti laici. Ma non voglio aprire una discussione che nemmeno ho più a cuore, quello che mi preme sottolineare è che per Zeffirelli il richiamo alla spiritualità passa dalla Terra, lo Spirito che il cristianesimo vuole disincarnato quasi è, invece, radicato e nutrito dalla materia, dalla terra, dai fiumi, dagli alberi, dai tramonti e dai cieli pieni di stelle.
A cinquanta anni di distanza il film di Zeffirelli racconta l'utopia di un uomo innamorato ( a tratti quell'amore che lo brucia diventa quasi sensuale nella gestualità e negli sguardi) di Dio e della Natura, di quel riflesso del Sacro che vede in tutto. Perché il Sacro è in tutte le cose ed è questo che, secondo me, dice Zeffirelli e che la stessa Chiesa non ha capito, stante che predica ovviamente che solo Iddio è sacro e che tutto è sotto la stretta del peccato e va purificato. Per Francesco, per questo Francesco interpretato alla grandissima da Graham Faulkner, tutto ciò che ci circonda è sacro. E questo fa tutta la differenza.
La figura di Chiara è stata tratteggiata come innamorata un po' di Francesco e un po' della Via che lui indica, purtroppo nemmeno le Fonti rendono giustizia a Chiara, la prima vocata (che non è esatto in quanto il primo è stato frate Bernardo) quindi la visione di lei che penderebbe per lui e in secondo momento per Iddio ha tutta la comprensione del mondo.

Un cenno sui costumi, spettacolari, così come le musiche, che sono così conosciute che bastano poche note perché l'intero brano torni a mente.
Se lo avete visto rivedetelo, se non lo avete fatto è davvero arrivata l'or
Comments